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Vaccini per le persone con disabilità nel Lazio. Serve una programmazione

In linea con le note evidenze scientifiche secondo cui l’età rappresenta il principale fattore di rischio di severità clinica in caso di contagio da SARS-CoV-2, è attiva da oggi nel Lazio la procedura di prenotazione del vaccino anti SARS-Cov-2 per le persone over 80, che comincerà, stando agli ultimi provvedimenti, dal prossimo 8 febbraio. 
Le persone che hanno compiuto 80 anni, e coloro che li compiono nel corso dell’anno, avranno quindi la possibilità di prenotarsi per la ricevere il vaccino con diverse modalità, e, nel caso siano impossibilitati a raggiungere le sedi vaccinali individuate, è previsto un procedimento di somministrazione a domicilio da parte degli operatori degli enti accreditati erogatori dell’Assistenza Domiciliare Integrata, delle USCAR o delle unità mobili, analogamente a quanto viene fatto per la vaccinazione nelle RSA o case di riposo. Prosegue in questo modo la programmazione della Regione Lazio relativamente ai percorsi di accesso al vaccino COVID-19, attraverso l’individuazione di strutture e gruppi di persone da vaccinare, in coerenza con i criteri definiti dai Piani strategici nazionali, che avevano ricompreso nella prima fase gli operatori sanitari e socio sanitari delle strutture regionali, operatori e ospiti delle RSA, case di riposo e strutture socio-assistenziali. Lo stesso Piano Regionale Vaccinazione adottato lo scorso 29 dicembre (Determinazione Direzione regionale Salute e Integrazione Socio sanitaria 29 dicembre 2020, n. G16441) inseriva gli over 80 nel terzo gruppo avente priorità nella prima fase, stabilendo che «una volta esaurito il target della prima fase, sulla base delle evidenze disponibili ad oggi, si dovrebbe procedere con il criterio dell’età e delle comorbidità».
Come viene ripetuto nei diversi provvedimenti emanati da più di un mese ad oggi sono principalmente due i parametri a cui la pianificazione regionale si attiene nella definizione delle priorità: le linee nazionali adottate e la disponibilità delle attuali e future dosi dei diversi tipi di vaccino, argomento che per ovvie ragioni, invade le testate mediatiche già da diverse settimane.

Nell’ambito di questa programmazione la Sanità laziale non ha però ancora reso noto le modalità e le tempistiche con cui i vaccini verranno somministrati alle persone con diverse tipologie di disabilità, non necessariamente correlata all’età.
La Determinazione n. G16441/2020 ha infatti incluso nella seconda fase di vaccinazione «le persone con comorbidità severa, immunodeficenza e/o fragilità di ogni età», non specificando però se tra queste vi rientrano le persone con disabilità, considerate maggiormente esposte a rischio di infezione a causa delle loro necessità assistenziali e, in caso di quadro clinico più complesso, in condizioni di salute che possono determinare un peggioramento del decorso della malattia da COVID-19.
Già all’inizio della fase di programmazione la FISH Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) aveva proposto alla Regione la necessità di somministrazione del vaccino alle persone con disabilità come misura di contrasto alla diffusione della pandemia, in particolare a coloro che si trovano in condizioni di rischio vitale in caso di contagio.
Secondo le ormai consolidate conoscenze medico-scientifiche al livello internazionale infatti, alcune disabilità pregresse costituiscono una underlying health condition (condizione di salute sottostante) che determina il più alto rischio vita in caso di contagio da Covid-19 (ad es. persone con malattie oncologiche, con patologie croniche dell’apparato respiratorio, con diabete, cardiopatia congenita), di conseguenza, la previsione di interventi di prevenzione sanitaria, dovrebbe interessare in via prioritaria anche le persone in tali condizioni di salute (persone con Sclerosi Laterale Amiotrofica, con distrofia muscolare, con sindrome di down, ecc.).
Occorre inoltre considerare la particolare situazione di rischio delle persone con disabilità ospiti di strutture residenziali (RSD, Centri diurni) o ricoverate in reparti di lungodegenza, riconosciuti, per motivi ormai noti, luoghi dove è più facile l’insorgere di focolai dell’infezione.
Bisogna infine ricordare che le persone con disabilità complessa che presentano diversi livelli di collaborazione alle prestazioni sanitarie, le persone non autosufficienti e i loro caregiver sono le più esposte al rischio di contagio da SARS-CoV-2 a causa delle loro importanti necessità assistenziali e dell’estrema difficoltà o impossibilità dell’osservanza delle misure di contrasto all’epidemia, in particolare del distanziamento fisico, in primis dalle proprie figure assistenziali.

Ad integrazione di quanto pianificato a fine dicembre, la Direzione regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria, in questo caso senza predisporre una specifica programmazione, con circolare del 14 gennaio scorso ha invitato le strutture sedi di punto vaccinale a promuovere attivamente la vaccinazione nei confronti di due particolari tipologie di pazienti: coloro che ricevono il trattamento dialitico e quelli in terapia immunosoppressiva post-trapianto, considerando la loro condizione di salute «a maggior rischio di evoluzione critica» in caso di contagio a prescindere dalla loro età anagrafica.

La Federazione apprezza lo sforzo compiuto finora dalla Regione Lazio, anche in considerazione della drastica riduzione delle dosi vaccinali pensate inizialmente disponibili per la cittadinanza, e chiede al tempo stesso all’Assessorato competente di definire con maggiore chiarezza la tipologia di destinatari dell’intervento e, come già previsto da altre Regioni, di assicurare priorità nella programmazione di vaccinazione anche alle persone con disabilità più esposte a rischio di infezione e a maggior rischio vita in caso di contagio indipendentemente dall’età, se non si vuole lasciare unicamente al senso di responsabilità individuale qualsiasi forma di prevenzione e cura della loro salute.