Auspicio per il nuovo anno

Capodanno negato ai disabili”, “Autistici rifiutati da hotel”. Avrebbe potuto essere uno di questi il titolo di un comunicato stampa che cerca di descrivere quanto accaduto pochi giorni fa nel Comune di Ferentino, provincia di Frosinone, dove un gruppo di persone che voleva trascorrere il capodanno in un albergo del posto, ha visto rifiutarsi la prenotazione solo ed esclusivamente per la presenza di alcune persone con disabilità. Proprio così, stanze disponibili, ma non per tutti, e il nuovo anno si apre con una porta chiusa. Una notizia che è passata velocemente nei gruppi chat non solo degli “addetti ai lavori” e che ha scosso le tastiere dei media nazionali, che genera tristezza, sdegno, rabbia, e che merita però qualcosa in più di un semplice comunicato stampa. Merita una pausa, e forse qualche riflessione.

Appena è stata pronunciata la parola autismo l’atteggiamento della direzione dell’albergo è cambiato” si legge nella lettera di un genitore che ha denunciato l’imbarazzante avvenimento. Un’opportunità di stare insieme negata, a causa di una struttura, si è detto, non adatta ad ospitare certe esigenze, quelle di Matteo, di Giovanna, di Carla, e non idonea a “contenere” le loro emozioni in un giorno di festa, emozioni che avrebbero potuto turbare la tranquillità… degli altri.
Dai commenti dei lettori agli articoli pubblicati sui quotidiani online che riportano il fatto si comprende che, almeno stavolta senza bisogno di scomodare i principi granitici enunciati dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che tanto ci ostiniamo a ribadire, la notizia ha colpito l’animo e la sensibilità di un comune sentire verso una libertà fondamentale negata. E a poco sono valse le giustificazioni e le scuse dei responsabili della struttura, che invece hanno alimentato quello sdegno e quella rabbia verso, difficile nasconderlo, una paura purtroppo ancora troppo diffusa e radicata per essere estirpata con le poche righe di un comunicato stampa.

La proposta di mettere a disposizione “personale specializzato” per gestire eventuali “emergenze” che avrebbero potuto verificarsi, la presunzione di non mettere in dubbio le immancabili etichette conferma ancora una volta la certezza che le barriere umane sono le prime a creare situazioni disumane, discriminanti verso qualcuno, qualcosa, o più facilmente “un gruppo” che si decide di ignorare, di portare lontano, di escludere.
L’idea di proporre la disponibilità di un fine settimana in cui riservare tutta la struttura in via esclusiva ad alcuni fa riapparire la paura, la nostra, di un voler (ri)creare luoghi separati dove isolare, e magari “far stare bene” , chi si presume, in qualche modo, diverso da noi, non si comprende bene perché, ma neanche si prova a farlo. Stavolta la notizia ha creato sconcerto. Lo dimostrano le dichiarazioni del Sindaco di Ferentino, attento ad arginare i danni dell’accaduto e a difendere l’onorabilità della cittadinanza da facili generalizzazioni.

Rimangono meno eclatanti e rumorose tante altre innumerevoli situazioni, per nulla differenti, che degradano la dignità di chi rivendica tutti i giorni una vita degna di essere vissuta dentro la collettività, nella scuola, al lavoro, in vacanza, perché gli venga riconosciuto il ruolo tanto ambito di mattone della società. Lo sanno bene le realtà associative, la cui spinta propulsiva rischia però di essere stroncata da una certa visione politica, che preferisce non alterare troppo lo status quo, forse perché poco competente sugli argomenti, forse perché in attesa di un consenso elettorale pronto ad accogliere un reale cambiamento.
Garantire pari opportunità vuol dire anche avere il coraggio di creare spazio per convinzioni diverse, allentare la morsa dei pregiudizi che conducono a risultati scontati, sterili e standardizzati, un possibile buon auspicio in questi giorni in cui ci si arricchisce, con rabbia e con sdegno, di aspettative per il prossimo futuro.